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"Supereroi, Superhumor" |
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SUPEREROI, SUPERHUMOR Superman e Tarzan sono due eroi intramontabili e senza tempo. Chi non ha seguito da piccolo le loro fantasiose avventure a fumetti sulle riviste e i giornali? Due supereroi di carta passati negli anni al cinema e poi alla tv. Hanno cavalcato il tempo e non hanno mai temuto la concorrenza dei tanti nuovi pupazzi ultratecnologici televisivi in arrivo dal lontano Oriente. Superman, con tutto il suo mondo di poteri speciali, uno sguardo oltre i muri di cinta, uno sguardo che se ti metti davanti ti può sciogliere, o congelare (dipende degli stati d’animo). Sempre in volo in lotta permanente contro i soliti maligni, dissimulato nel suo mite alter ego Clark Kent, battuto soltanto dalla verde kryptonite. Tarzan, l’uomo scimmia, muscoloso, veloce, intelligente, gran chiacchierone …con gli animali e non solo, grande viaggiatore di liane, nuotatore e lottatore, grande sentimento del nucleo familiare con Jane, e scimmietta complice. Ecco gli eroi di una volta, ma i più amati di tutti i tempi. Abbiamo coinvolto autori di tutto il mondo per vederli con l’ottica fantasiosa dell’umorismo grafico e sbizzarrirsi con questi miti di carta, ma nel rispetto dei personaggi e dei loro creatori, aggiungendo un pizzico di dimensione più umana, come quella nostra di tutti i giorni. Volevamo farli scendere e atterrare in un mondo più reale. Divertendosi, gli autori fanno divertire anche noi con sano e schietto humour. Vogliamo tornare a fare solo humour diretto, spensierato e intelligente, in un mondo come quello d’oggi che ci vuole trascinare nel logorio della vita moderna. Vogliamo ridere "più veloce della luce", vogliamo continuare a viaggiare "in liana", vogliamo come sempre andare alla ricerca del sorriso perduto. L’umorista grafico, dovunque risieda, ha la magica, delicata e perspicace fantasia, di darci quel sorriso che molti vogliono farci dimenticare. L’humor grafico, quello puro, senza presunzioni moralistiche, che spesso si vuole relegare nel ruolo di "quinta ruota", quella di scorta, e che invece ha una sua grandezza senza tempo, attraverso le matite degli autori di tutto il mondo saprà omaggiare a suo modo questi due personaggi dei comics. Ci ricorderà ancora una volta che nel fare humor, e questa volta superhumor, l’importante non è solo partecipare ma fortunatamente anche farci sorridere. Julio Lubetkin Direttore artistico Festival Internazionale Humor Grafico IL SUPEREROE ONNIPRESENTE Oggi potrebbe sembrare strano ma Jerry Siegel e Joe Shuster ebbero molti problemi a trovare un editore per 'Superman' negli anni '30, il concetto di un essere sovrumano così fuori dalla norma. Ad ogni modo, come i fumetti Actions decisero di pubblicare le storie del potente uomo d'acciaio, il mondo dei fumetti cambiò per sempre. Quasi immediatamente apparse un'ondata di altri supereroi americani (basti citare 'Batman', 'Wonder Woman' e 'Capitan America'), pronti a combattere le forze del crimine e, negli anni '40, i Nazisti e i Giapponesi. Con gli anni questi personaggi arricchirono notevolmente le case editrici dei fumetti (sebbene essi non fecero nulla per Siegel e Shuster), arrivando a fare la loro comparsa nei film, alla radio, negli spettacoli televisivi e in tonnellate di cartoni animati. Essi hanno anche fornito ai fumettisti e agli attori comici il materiale su cui poter creare delle parodie di questi personaggi. Molti altri paesi hanno avuto i loro supereroi che possedevano le caratteristiche dei loro equivalenti americani (calzamaglie, compagni di avventura, insolite metamorfosi, etc.), ma diversi per altri aspetti. Ad esempio, l'indiano 'Chacha Chaundhry' ha un compagno extreterrestre ma Chacha utilizza la saggezza invece che la forza per vincere le ingiustizie. Il messicano 'Kaliman' è un miscuglio fra la dea Kali indiana e Superman; l'ormai defunto eroe nigeriano 'Powerman' vinceva i cattivi sulla strada e conquistava donne molto vogliose a letto. Il Giappone ha avuto molti supereroi, spesso robotici, il più famoso dei quali è 'Astroboy' che aveva un quoziente intellettivo pari a 300, la forza di 10.000 cavalli e la capacità di parlare cento lingue; la Malaysia ha recentemente creato il suo primo supereroe 'Keluangman' e altri sono esistiti in Canada, Argentina e molti altri paesi. Sono state date diverse giustificazioni per spiegare il bisogno della società dei supereroi come il bisogno d'evasione, la necessità di una valvola di salvezza in culture represse o il bisogno di un modello fittizio in cui si potessero riconoscere persone senza voce o senza potere. Qualunque sia il suo scopo, il supereroe è una figura onnipresente in tutte le forme della cultura popolare. Dr. John A. Lent Direttore, International Journal of Comic Art Professore, Temple University SUPERMAN E L'ARCIERE NERO Il vero nome di Superman, lo sanno tutti, era Nembo Kid, e aveva i colori del mitico Bologna di Haller, Pascutti e Bulgarelli. Cosa non da poco per noi "cinni" della combriccola di cui mi onoro di aver fatto parte. Combriccola della quale condividevo senza esitazioni la passione calcistica, non però il gusto grossolano: quei colori che indossati dall’Undici Felsineo erano un tribale grido di guerra, indossati da Clark Kent risultavano un tantino chiassosi. "È un uccello?" "È un aereo?" si chiedevano sbigottiti i passanti alla sua prima apparizione. "È un pappagallo" avrei risposto io. Sicuramente i suoi omologhi, epigoni e colleghi si servivano da costumisti di ben altra classe. Avete presente il costumino rosso tutto saette e alucce di Flash? Uno schianto. E non è un delirio dark quello di Batman? Via. Si teneva al Bologna, dunque. Curiosamente non sognavo un futuro da calciatore, nonostante una certa abilità di sinistro (comunque mio fratello giocava meglio di me, e io non ci sarei stato a fare l’Inzaghino). Fatto sta che mi sentivo più portato per la carriera del supereroe. Maggiori aspettative di successo, meno rischi, invulnerabilità e non dovevi ciabattare per anni dietro a un pallone con il miraggio della serie A. Bastava restare contaminati da una misteriosa sostanza chimica, o prendere a calci un ciottolo di Kryptonite, o cadere vittime dell’esperimento di uno scienziato pazzo o più semplicemente infilare le dita nella presa di corrente. Stavo per farlo, giuro. Una bella scarica e via. Una volta lo sono anche stato un supereroe. Mi intitolavo L’Arciere Nero. Balzellavo da un angolo all’altro della via nelle sere d’estate, dopo cena, vestito con uno spolverino nero e un cappuccio. Mi ero preparato il biglietto da visita con un cartoncino bruciacchiato ai lati, una bella firma gotica tutta piena di svolazzi, e un sigillo a forma di teschietto ottenuto facendo colare della cera fusa in uno stampino di pongo in cui avevo impresso la testa di un piccolo scheletro di plastica. Modestamente ero un genio. Col proposito di terrorizzare il quartiere incastrai la prova del mio passaggio su una cassetta delle lettere, in bella vista, e mi dileguai come un’ombra nella notte. Il giorno dopo tutti erano a conoscenza dell’esistenza dell’Arciere Nero e frotte di amici mi tormentarono per un’intera settimana per avere anche loro il cartonicino bruciacchiato col teschietto la firma e tutto, ma bello come il primo, però. Fine della carriera. C’è da dire anche che i costumi dei supereroi cadono bene solo nei fumetti. A parte Christopher Reeve, tutti quelli che hanno provato a indossare i panni di Superman avevano un po’ l’aria di fagotti di stracci. Incontrare uno così, che si chiami Superman o Nembo Kid, non è che ti rassicura. Discorso a parte per Tarzan, visto che mi corre l’obbligo di citarlo: di tizi muscolosi con i capelli lunghi e le mutande leopardate se ne incontrano, e non solo nella foresta. Alcuni non sono neanche male. Ma rassicuranti no. Ecco perché non sono diventato né un calciatore né un supereroe. Ma poi perché mi sia messo a fare fumetti non lo so. Forse le dita nella presa di corrente ce le ho infilate e non mi ricordo più. Questo spiegherebbe un sacco di cose. Silver autore di "Lupo Alberto" |
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