Intervista di Giuseppe Pili
Ma Diabolik è un super-eroe o un super-criminale?
Diabolik è un GRANDE criminale. Non è un supereroe, né un superuomo... né ha superpoteri. Proprio la sua "normalità" di fondo, i suoi "limiti umani" sono alla base del suo fascino.
C'è stato un periodo, a metà dei sessanta, in cui l'opinione pubblica si scagliava contro il fumetto, accusandolo di essere diseducativo e di incitare alla violenza. Non ha mai pensato seriamente "accidenti, cosa abbiamo combinato?"
Angela ed io abbiamo pensato "che cosa abbiamo combinato?" molto prima, nel '63, quando cominciammo a intravvedere il successo di Diabolik. Ma non ci preoccupavamo del potenziale diseducativo del nostro personaggio (la letteratura è piena di anti-eroi, e non riesco a immaginare una persona sana di mente capace di farsi influenzare da letture violente: se così fosse la Sacra Bibbia sarebbe all'indice, e la Divina Commedia con lei) ma della "diseducazione" legale e culturale di pretori e benpensanti. Per fortuna, almeno con Diabolik, abbiamo avuto ragione a "confidare nella giustizia": nessuna condanna, in quarant'anni, ci ha mai sfiorato.
I limiti etici che Diabolik ha sviluppato nel corso degli anni sono dovuti alla volontà di allentare la pressione della censura, all'ammorbidimento dei suoi autori o all'invecchiamento fisiologico del personaggio?
Molto semplicemente, abbiamo pensato che ripetere situazioni sempre uguali avrebbe stufato, che a esagerare con la violenza c'erano già i concorrenti, che dovevamo divertirci prima noi autori, per interessare i nostri lettori... e non c'è nulla di più noioso che scrivere sempre le stesse cose. L'"invecchiamento fisiologico", poi, ha colpito più la redazione che Diabolik. Beato lui!
Può raccontarci qualcosa sul vostro originale metodo di lavoro redazionale, il famoso "brainstorming"?
Un episodio di Diabolik, qualsiasi episodio, nasce da più cervelli, da più mani. C'è chi ha lo spunto per il soggetto, chi lo arricchisce con una bella trama, chi inventa trucchi, colpi e fughe. Poi c'è chi stende la prima traccia della sceneggiatura, chi la rilegge, chi la ribatte a computer, chi ritocca l'ultima versione. A questo punto si può cominciare a disegnare. A matita. Il lettering (per lo più ancora oggi realizzato a mano) viene scritto prima del ripasso a china, così che la coerenza tra disegni e testi possa essere verificata quando ancora le correzioni sono - relativamente - possibili.
A questo punto il fumetto viene ripassato a china, i retini vengono sovrapposti al disegno... ma prima di andare in stampa l'episodio viene di nuovo letto e controllato. E salta sempre fuori qualcosa da correggere ancora, maledizione! Tutte queste fasi coinvolgono persone diverse, con diverse specializzazioni, e il risultato del lavoro di gruppo è l'uniformità di logica e stile cui i nostri lettori sono abituati.
Quando si è resa veramente conto di aver creato un'icona indelebile per intere generazioni?
Davvero Angela ed io abbiamo creato un'"icona indelebile"? Pensavo fosse semplicemente un personaggio a fumetti, sia pur di successo.
Se le condizioni culturali fossero state favorevoli le sarebbe piaciuto far nascere la testata "Eva Kant", e relegare "Diabolik" al ruolo di comprimario?
L'idea ci ha stuzzicato non poche volte, nella storia. Ricordo che circa venticinque anni fa Castelli e Gomboli (allora erano dei ragazzi in fase di decollo!) ci portarono una proposta articolata, disegnata da un giovane ma già bravissimo Alessandrini. Interessante, stimolante, innovativa... forse troppo. Ci spaventava l'idea che potesse "fare ombra" a Diabolik, ma soprattutto ci terrorizzava l'idea di ritrovarci a dover scrivere o anche solo controllare una seconda testata. Quell'idea finì sulle pagine di Cosmopolitan e non ebbe seguito. Da allora, periodicamente, torna alla luce con formule e logiche diverse ma il coraggio di portarla avanti mi è sempre mancato. Vedremo in futuro.
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